La Pecorella di Martorana: Anima “Duci” della Pasqua

Roberta D'Asta
7 Min Read

Quando la Pasqua infiamma la Sicilia di processioni e profumi, un’icona silenziosa e dolcissima si fa regina delle tavole: la pecorella di martorana. Non chiamatela solo dolce, perché questo agnello candido, plasmato con sapienza antica dalla pasta reale, è uno scrigno di storia, fede e arte pasticcera. È l’emblema stesso della festa “ranni”, un legame vivo con tradizioni che sanno di mandorla, zucchero e secoli lontani. La sua presenza è un rito, ’n sapuri che unisce le famiglie.

Al cuore di questa meraviglia c’è, dunque, la pasta reale, materia prima nobilissima. Un impasto che racconta la Sicilia, nato dall’abbraccio tra mandorle finissime e zucchero, con echi che risuonano dalle dominazioni arabe, maestre nell’arte dolciaria, e dall’ingegno normanno, che forse ne intuì la regalità. Ma è tra le mura discrete dei monasteri femminili che quest’arte sbocciò davvero. Secoli fa, le monache, custodi di ricette segrete e preziose, trasformarono la pasta di mandorle in pura poesia commestibile, come la celebre frutta Martorana, sorella maggiore della nostra pecorella.

La leggenda più popolare, quella che si racconta “sutta vuci”, colloca la nascita dell’agnello pasquale, specialmente nella sua versione più ricca con un cuore di pistacchio, a Favara, nell’agrigentino, sul finire dell’Ottocento. Si dice che furono le suore del Collegio di Maria, nel quartiere “Batia”, a dargli vita.

Una ricetta tramandata, quasi un segreto, che stregò persino un futuro Papa, Giovanni XXIII, in visita nel lontano 1923. Favara, non a caso, è oggi la “Città dell’Agnello Pasquale”, e ogni anno celebra questa dolce eredità. Eppure, c’è chi sussurra di radici ancora più profonde, normanne, quando il simbolo cristiano dell’agnello si sposò con le tecniche saracene. Un’evoluzione lenta, forse, che vide prima nascere l’idea e poi definirsi la forma che oggi incanta.

La Pecorella Viaggia oltre l’Isola

Sebbene la Sicilia occidentale – Palermo, Trapani, Agrigento – sia il suo feudo, la pecorella viaggia. La si trova in tutta l’isola e persino oltre lo Stretto, fino in Puglia. Ma è nel ripieno che ogni paese mette la sua firma: conserva di cedro nella mistica Erice; zuccata candita o, più spesso, pura pasta reale a Palermo; pistacchio a Favara, ca ti nn’acchiappi! In Puglia, invece, marmellate o la sontuosa crema faldacchiera.

Un vero dialetto del gusto, che parla di terre e tradizioni. E non lontano da Palermo, a Terrasini, il simbolo dell’agnello si manifesta in modo diverso ma altrettanto potente durante la “Festa di Li Schietti”, celebrata proprio nel periodo pasquale: gli alberi di arancio amaro vengono addobbati con nastri, campanelli e “aineddi”, piccole, deliziose caciotte a forma di agnello, testimoniando quanto profondamente questo simbolo permei le usanze locali.

Creare una pecorella è un’arte, ‘n travagghiu ri pazienza. Si parte dalla pasta reale: mandorle siciliane, quelle buone, zucchero, acqua, e poi magari glucosio o miele per renderla morbida, vaniglia e un’ombra di mandorla amara per il profumo che inebria. Lavorata a caldo o a freddo, la pasta deve riposare, prima di incontrare gli stampi.

Tradizionalmente in gesso, due metà che combaciano, gli stampi sono la matrice della forma. Rivestiti con pellicola o spolverati d’amido, accolgono la pasta reale, pressata ma “chianu chianu”. Se c’è il ripieno, si fa spazio al centro prima di chiudere. Estratta con cura, la pecorella deve asciugare, almeno un giorno, per farsi bella per la festa.

E poi, la magia dei colori. Con pennelli fini e tinte alimentari si disegnano occhietti vispi, musetto rosa, orecchie tenere. Un velo di cacao può scurire il vello. Infine, i simboli: la bandierina rossa, stendardo del Cristo risorto, ca svintulia, un fiocco scarlatto al collo e, a volte, una coroncina. La pecorella finisce nel suo “recinto”, un vassoio che pare un prato, tra ovetti di cioccolato e confetti. Un rito che richiede tempo e amore.

Gli stampi stessi, questi calchi di gesso, sono più che attrezzi: sono custodi di memoria. Permettono di replicare la forma iconica, i dettagli minuti del vello, l’espressione mite. Il gesso cattura la tridimensionalità con una fedeltà che il legno, pur usato per altri dolci, non sempre raggiunge con tale facilità.

La Primavera e i riti di passaggio

Ma il cuore vero della pecorella pulsa nel suo denso significato simbolico. L’agnello, figura ancestrale legata alla primavera e ai riti di passaggio, parla di offerta preziosa, di innocenza e mitezza incarnate nel suo aspetto candido. La bandierina che porta fiera è segno di festa e vittoria, forse sulla stagione fredda appena conclusa. Il fiocco rosso evoca passione e vitalità, mentre la corona ne sottolinea il valore.

Gli ovetti e i confetti che la circondano sono chiari richiami alla fertilità, all’abbondanza e alla vita che si rinnova. È un dolcissimo concentrato di cultura e tradizione. Invece, nella sua esegesi  è l’Agnus Dei, l’Agnello di Dio. Parla di sacrificio, quello di Cristo sulla croce; di purezza e innocenza, come il suo manto candido; di Resurrezione, annunciata dalla bandierina trionfante. Il fiocco rosso è la Passione, la corona la regalità. Gli ovetti e i confetti sono promessa di vita nuova. Insomma,  è teologia che si scioglie in bocca.

Storicamente, questo dolce era anche un dono importante. Regalato ai “picciriddi” come augurio e gioia; offerto a vescovi e potenti come segno di rispetto; scambiato tra fidanzati come promessa d’amore; condiviso tra famiglie per rafforzare legami. Un gesto che andava oltre il sapore, intriso di valore sociale e affettivo.

Oggi, la pecorella di martorana brilla ancora sulle tavole pasquali siciliane. Resiste, si adatta, si vende persino online, ma conserva intatta la sua aura sacra e artigianale. È un ponte dolce tra passato e presente, un simbolo potente che lega i siciliani alla loro storia, alla loro fede e a un’arte pasticcera che non ha eguali. Un morso che racchiude l’anima intera della Sicilia: storia, devozione e bellezza. “Bedda Matri”, che bontà!

Share This Article
3 Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *